“Nel nostro Paese su mille imprese agroalimentari con più di 10 addetti, il 41,8% ha subito almeno una contraffazione di propri prodotti in Italia”. E’ un dato choc quello rivelato da Confagricoltura nel proprio report sulle agropiraterie che danneggiano l’economia agricola italiana e nella fattispecie siciliana.
Continua il nostro approfondimento sui ‘fake’ del made in Sicily e dopo l’episodio scoperto al valico del Brennero da Coldiretti che a bordo di un tir diretto a Catania ha trovato ortaggi con un marchio tricolore, ma provenienti dalla Germania, abbiamo chiesto un commento a Giovanni Selvaggi, presidente di Confagricoltura Catania e presidente regionale della sezione olivicola di Confagricoltura, che nei gironi scorsi all’Expo ha preso parte alla presentazione del report sulla contraffazione alimentare.
“L’importazione di prodotti agricoli contraffatti o con etichette poco leggibili è un fenomeno che danneggia enormemente l’economia italiana e quella siciliana – spiega -. Basti pensare che tra i prodotti agroalimentari siciliani più contraffatti ci sono il pistacchio di Bronte e l’olio d’oliva extravergine. Ovvero pezzi importantissimi della nostra economia agricola”.
Se su mille imprese agroalimentari italiane con più di 10 addetti il 41,8% ha subito almeno una contraffazione dei propri prodotti, per la legge dei grandi numeri il dato cresce per le aziende con almeno 250 dipendenti: “Tre quarti di esse dichiarano di essere state vittime di contraffazione – dice Selvaggi -. Nel 2012, ultimi dati ufficiali del Censis sul fenomeno, il fatturato stimato della vendita in Italia di prodotti agroalimentari contraffatti ammontava a circa 1 miliardo”.
Confagricoltura ha ipotizzato che ad oggi la contraffazione sottrae risorse al mercato legale pari a circa 4 miliardi di euro “senza contare i danni in termini di mancata creazione di posti di lavoro, che fanno rimanere senza stipendio oltre 20 mila famiglie”.
Un capitolo a parte merita l’olio d’oliva prodotto in Sicilia esposto alla concorrenza sleale dei paesi dell’altra sponda del Mediterraneo. “Miscele comprate a 30 centesimi al chilo arrivano sugli scaffali a 2-3 euro, col risultato che il consumatore porta in tavola un olio di modesta qualità, pensando d’aver fatto un buon affare”, aggiunge Giovanni Selvaggi.
Il dato che sconforta è che “tutto legale, visto che la normativa europea consente la commercializzazione con marchi nazionali di prodotti di origine comunitaria con l’obbligo di indicarlo in etichetta, spesso di difficile lettura”.
E’ chiaro che contrastare il fenomeno serve serve una solida attività di valorizzazione e tutela proprio di quei marchi che sono oggetto di usurpazione. “Di recente Confagricoltura e Agrinsieme Sicilia – ha concluso Selvaggi – hanno combattuto e vinto la battaglia per poter usare la denominazione “Olio Extra Vergine di Oliva IGP Sicilia, un passo importante per evitare fraudolenti fenomeni di contraffazione”.