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‘Il primo giorno della mia nuova vita’ Cuffaro nello studio dove il tempo si fermò

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Il tempo si è fermato in quella stanza. E’ lo studio di Totò Cuffaro, nella sua casa di sempre. Lo studio che ha visto passare tante donne e tanti uomini, tanti potenti e meno potenti. Lo studio dove lunghe notti sono trascorse ad organizzare quello che doveva essere il futuro della Sicilia, ma non lo è stato. Lo studio dove Totò Cuffaro ha costruito la sua vita personale e quella politica. Lì il tempo si è fermato per 5 anni. proprio lì, in quella stanza rimasta chiusa a chiave per volere di Giacoma, sua moglie.

Il tempo ha ricominciato a scorrere solo ieri sera. E stamattina, alle 8 (o forse anche prima) quella stanza ha ricominciato a vedere gente che va e che viene. Non tanta. Non potente. Ma stavolta amici ‘veri’. Sono arrivati a piccoli gruppi per incontrarlo a prescindere da favori che non può più elargire.

Totò Cuffaro ci riceve proprio in quella stanza. nella quale si trovano già pochi amici. Lo studio è sempre uguale. Nulla è cambiato e il tempo non sembra che sia passato.

Come è tornare a casa dopo il carcere, dopo tanto tempo?

“Guarda, non te lo riesco a descrivere. Neanche la riconoscevo più la mia casa. E’ da ieri sera che giro cercando di raccapezzarmi. Sono arrivato tardi, ieri sera. Devo riconquistare i miei spazi. Non riesco a spiegarti meglio questa sensazione”.

Di politica Cuffaro non vuole parlare, ma un uomo come lui ha un’opinione ben formata e con gli amici la esprime con un linguaggio non politico. Sono proprio gli amici presenti in quella stanza a chiedergli cosa pensa di Crocetta.

“Mi hanno fatto vedere la foto con la quale rispondeva a Vecchioni. Non ho potuto che rispondere con le parole di una canzone dello stesso Vecchioni: ‘anche questo è amore’ “.

Ma la politica adesso è troppo lontana. Ti mancherà? Cosa ti resta di tutta questa esperienza?

“Basta politica, basta davvero. Io ho fatto degli errori ed ho pagato. La politica non fa più per me. Di tutto questo mi restano alcune convinzioni. Io sono cosciente di non aver favorito la mafia. Ho commesso degli errori e mi sono convinto che la sentenza più giusta fosse quella di primo grado  che mi condannava proprio per gli errori che ho commesso. Ma la mafia no. Non l’ho favorita e sono in pace con la mia coscienza. Se poi i miei errori hanno, in qualche modo, aiutato un mafioso, beh questo non era nelle mie intenzioni e se solo lo avessi immaginato…”

Ma in carcere sei stato proprio con queste accuse

“Sì, e nel regime carcerario il concorso esterno, la mafia o il favoreggiamento non fanno differenza. Io sono stato trattato alla stregua dei mafiosi. Telefonate e visite limitate, sempre sotto stretta sorveglianza e così via. Mi sono difeso leggendo. Ho letto quasi duemila libri, ho studiato e non mi sono laureato in legge solo per un ritardo di un professore. Ma la mia nuova laurea arriverà presto.  Mi manca solo la discussione della tesi. Poi ho scritto libri. Queste sono state le mie prigioni”.

E uscendo Cuffaro ha scritto anche una lunga lettera nella quale racconta di se di ieri, di oggi e di domani. “Sono passati 1780 giorni da quando la mattina del 22 Gennaio del 2011 ho intrapreso la strada chiusa – scrive – non ho imprecato contro alcuno, non mi sono appellato alla sorte. Ho portato con me il mio fardello, i miei sentimenti e la mia vita. Sono rimasto in carcere per un tempo infinito ma non per sempre e per tenermi vivo ho letto, studiato, pregato, ed ho scritto del luogo chiuso e dell’inumano domicilio per essere utile a chi è rimasto”.

LEGGI LA LETTERA INTEGRALE


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